Giorgio
Forattini il più grande vignettista italiano, temuto e ammirato dai politici La
sua storia
di
Giorgio Dell'Arti
ROMA - L'improvvisa
scomparsa di Giorgio Forattini ha lasciato un grande vuoto nel mondo
giornalistico. Le sue vignette dicevano molto più di un articolo e sono state
pubblicate da Panorama, Repubblica, La Stampa, Il Giornale e QN.
Ecco la sua
biografia pubblicata da www.cinquantamila.it –
“la Storia raccontata da Giorgio Dell’Arti”
Giorgio
Forattini, nato
a Roma il 14 marzo 1931 (94 anni). Vignettista. Sessanta libri pubblicati,
oltre tre milioni di copie vendute
• «Suo
padre Mario, di Guastalla, lavorava nel petrolio. Ex direttore dell’Agip, nel
1953 si mise in proprio creando una florida azienda con sede a Napoli in via
Mergellina. […] Mario e sua moglie, Matilde Merlino, piemontese di origina
istriana (suo padre Federico fu prima ministro delle Finanze e in seguito
presidente della Corte dei conti) e di madre austriaca (Maritza),
avevano messo al mondo due figli maschi: Lucio e, un anno e mezzo dopo,
Giorgio.
Lucio aveva
ostentatamente scansato la ditta paterna imboccando una più nobile carriera
diplomatica (sarà prima console in Australia e poi ambasciatore in Kuwait e in
Svezia), mentre suo fratello minore, Giorgio, aveva sospeso gli studi di
architettura attratto dal profumo della benzina. Quando ancora suo padre
lavorava per l’Agip, nel 1949, il diciottenne Giorgio faceva il rappresentante
per la stessa azienda petrolifera con base a Roma.
[…] Giorgio
entrò nell’azienda di famiglia, dove rimase per sette anni, girando il Sud a
bordo di una Fiat 500 prima e poi di una 600. Pagato a percentuale sulle
vendite. Nel frattempo coltivava una sua
giovane passione: il teatro. Si iscrisse all’accademia di recitazione Sharoff, a Trastevere, dove seguiva i corsi assieme a
future celebrità come Sophia Loren (si chiamava ancora Sofia Scicolone), Ettore
Manni, […] Lina Wertmüller.
Fra le
allieve c’era anche tale Licia Casassa, cui il destino non avrebbe riservato
riflettori né red carpet, bensì un amore improvviso e travolgente con il bel
Forattini. Lui 22 anni, lei 28, si sposarono. […] Due figli, Paola nel 1955 e
Fabio nel 1959. Dopo sette anni, la crisi. Si separarono. Giorgio riuscì a
tenere con sé i figli, ma nel 1968 Licia glieli portò via vincendo un’aspra
battaglia legale.
Lungo tutti
questi anni, Forattini dovette arrangiarsi con mestieri diversi da quello di
venditore di prodotti petroliferi, cessato nel 1956 quando l’azienda di
famiglia cominciò a perdere i pezzi per via della crisi di Suez. […] Comincia a
disegnare, sì, ma più che altro per hobby, etichette per i dischi della
Bluebell Records prima e della Ricordi poi, per le quali case musicali ricoprì
via via i ruoli di venditore, consulente, direttore commerciale. Dopo il mondo
della musica, eccolo atterrare su quello degli elettrodomestici (venditore per
la Triplex) e poi della pubblicità presso lo studio in Trastevere di
Guido Vanzotti: collaborava a storyboard e
campagne, ma veniva impiegato anche come copywriter e illustratore.
Nel disegno
se la cavava molto bene, si divertiva a fare ritratti e caricature dei compagni
di lavoro. Uno di questi, un giorno, gli segnalò un concorso per strisce
satiriche promosso da Paese Sera. Era il 1971, Giorgio Forattini aveva 40 anni.
[…] Partecipò alla gara con una strip che aveva per protagonista un buffo
personaggio vagamente autobiografico: si chiamava Stradivarius, faceva il
rappresentante di commercio, vendeva di tutto, la sera tornava a casa, si
metteva una parrucca in testa e suonava il violino. Vinse. […]
Come premio
venne assunto con le mansioni di disegnatore e grafico. Più grafico che
disegnatore. Riusciva a piazzare di tanto in tanto le sue strisce in una pagina
interna del giornale, senza troppo risalto. A spalancargli le porte della
celebrità fu – inconsapevolmente – una delle sue numerose “fidanzate”, una
danese: […] Lene De Fine Licht, […] amica della
moglie danese di Luigi Melega, uno dei giornalisti di punta di Panorama. Le due
coppie presero a frequentarsi assiduamente, finché Melega, ammirato dal tratto
di Forattini, gli propose una collaborazione con Panorama. “Vuoi una strip?”,
chiede Giorgio. “No, prova a fare delle vignette. Vignette
politiche”.
“Ma io non
ne ho mai fatte”. E lui: “Leggi i giornali francesi”. L’avventura tardiva ma
gloriosa del vignettista principe ebbe inizio così, con Melega che dice “prova,
secondo me sei tagliato per farle” e Forattini che ogni notte, per tante notti,
andava nelle edicole di via Veneto a comprare Le Monde, Le Figaro, Le
Canard enchaîné. Si informava, provava,
metabolizzava.
Debuttò su
Panorama raffigurando Craxi di spalle che appende un pesce d’aprile sulla gobba
di Andreotti. Dopo un anno Giorgio Cingoli,
direttore di Paese Sera, un po’ sbuffando, gli chiese di farle anche per il suo
giornale, quelle vignette così graffianti e divertenti, che colpiscono nel
segno senza che i suoi personaggi pronuncino parola.
E fu sulla
prima pagina del quotidiano romano del pomeriggio che comparve, nel maggio del
1974, a commento dell’esito del referendum abrogativo sul divorzio, una delle
vignette che hanno fatto la storia della satira politica italiana: il sughero
con la faccia di Fanfani che schizza via da una bottiglia di champagne con
l’etichetta “No”, sotto il titolo “Il tappo è saltato”.
[…] La
strada è dunque tracciata. E diventa un’autostrada quando Melega si iscrive
alla ciurma di Scalfari che sta varando quella specie di giornale-pirata chiamato
“la Repubblica”. Invitato dal suo pigmalione a farne parte, l’ex venditore
porta a porta non ci pensa due volte» (Franco Recanatesi).
Iniziò
così, da cofondatore, la sua lunga collaborazione con la Repubblica (che lo
vide anche, nel 1978, fondatore di Satyricon, «un supplemento che ha
convogliato i più grandi talenti della satira politica italiana: Bucchi e
Vauro, Vincino e Staino, Altan e Giuliano, Ellekappa e Giannelli», e poi
direttore del Male), interrotta una prima volta nel 1982, quando andò alla
Stampa (dove le sue vignette passarono in prima pagina), quindi ripresa nel
1984 e definitivamente chiusa dal vignettista nel 2000.
Il
motivo dell’abbandono fu la mancata solidarietà del giornale romano (a
cominciare dal direttore Ezio Mauro, e «con l’eccezione di due telefonate: da
Barbara Palombelli e Antonio Polito») in seguito all’attacco di D’Alema, che
qualche mese prima, da presidente del Consiglio, l’aveva querelato,
chiedendogli un risarcimento da 3 miliardi di lire, per la vignetta in cui
Forattini l’aveva raffigurato intento a cancellare col bianchetto alcuni nomi
dalla lista Mitrokhin (D’Alema ritirò poi la querela «solo dopo che me ne ero
andato da Repubblica: ormai aveva raggiunto il suo obiettivo»).
Fu quindi
prontamente riaccolto alla Stampa (con «un contratto per cinque anni a un
miliardo di lire l’anno per una vignetta al giorno, naturalmente in prima
pagina: accettai subito»), per passare poi nel 2006 al Giornale, e da lì, nel
2008, al Quotidiano Nazionale.
Cessata
anche la collaborazione con Panorama, da alcuni anni non ha più contratti con
giornali o riviste («Sono un precario»), ma continua a pubblicare le sue
vignette sul suo sito internet (Forattini.it) e sui suoi libri: dopo una lunga
serie di titoli stampati da Mondadori, da Quattro anni di storia italiana del
1977 ad Arièccoci del 2016 (il primo in assoluto fu
però Referendum reverendum, edito da Feltrinelli nel
1974), nel 2017 è stata la casa editrice fiorentina Clichy a pubblicare il suo
ultimo volume, l’Abbecedario della politica, sorta di visita guidata
nell’officina creativa di Forattini
• Grande
passione per la pittura («Giotto su tutti») e per la musica classica, in
particolare per il violino («Ho avuto anche uno Stradivari. Costava l’ira di
Dio!»)
•
«Sono ateo. Ma ho grande rispetto per chi ha fede in un Essere supremo. Mentre
non ne ho affatto per chi crede agli uomini politici»
• Nel
1997, a Parigi, ha sposato in seconde nozze la nobildonna fiorentina Ilaria
Cerrina Feroni. Abitano a Milano, in una casa di ringhiera tra corso Buneos Aires e via Spallanzani. Poiché si conobbero a
Venezia, durante la presentazione di un libro di lui, una volta all’anno
tornano in laguna per rifidanzarsi
• Ilaria,
che avventura è dividersi con Giorgio? «Entusiasmante. Ieri come oggi. Nei
tempi del super impegno professionale, lo chiamavo Isterix per
come era sempre agitato, irascibile, pur rimanendo sempre dolce» (Nino
Materi)
• Nel 2011
il trauma della morte improvvisa, a soli 52 anni, del figlio Fabio (nato dal
primo matrimonio): da allora «non mi sono più tirato su: riesco a fare le
vignette, faccio qualche battuta, ma mi ha cambiato la vita»
• Considera
suoi maestri «Guareschi per il suo coraggio, Jacovitti per il segno». Storica
la vignetta, apparsa su Repubblica il 4 dicembre 1977 dopo un grande corteo dei
metalmeccanici, raffigurante Berlinguer che, seduto nel salotto di casa al
riparo dal frastuono, legge l’Unità in vestaglia sorseggiando del tè, con tanto
di mignolo alzato. «Il bruco Veltroni verde-giallo.
Il gerarca
D’Alema in divisa verde e stivali neri. Mickey Mouse-Amato con scarpe gialle e
braghe rosse. Una pudibonda Emma Bonino nuda, dal roseo incarnato. Le “toghe
rosse” (ovviamente) dipinte di rosso.
[…]
Fazioso? È un’accusa ricorrente, da parte della sinistra impietosamente presa
di mira» (Maurizio Assalto). «Mi hanno querelato in tanti. […] Ma sai chi è
l’unico che è riuscito a farmi condannare? […] È il giudice Caselli. Ah, la
magistratura italiana!» (ad Andrea Di Consoli). Da Andreotti, mai una querela,
anzi. Il Divo Giulio arrivò a dire: «È stato Forattini a
inventarmi!»
•
Dichiaratamente anticomunista, in politica si è definito spesso liberale. In
un’intervista ha detto: Se avessi la forza di andare al seggio, voterei per
Berlusconi. Ha cambiato l’Italia e ho di lui un ricordo simpatico. È sincero o
si tratta di una sottile presa per i fondelli? «Credo sia sincero, anche se poi
la collaborazione col Giornale non finì nel migliore dei modi» (la moglie, a
Nino Materi)
• «Ho un
solo rimorso, con il povero Raul Gardini: quando morì disegnai una nave che affondava
e il suo teschio sulla spiaggia con in bocca un garofano. Ecco, a lui dovrei
delle scuse»
• «I
peggiori nemici della satira sono i comunisti e gli islamici. Sono uguali: non
tollerano chi la pensa diversamente, se non sei dalla loro parte sei un nemico
da perseguitare. […] L’unico limite che deve avere la satira è il codice penale» (a Paolo Bracalini)
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