I 100
giorni senza un successo di Donald Trump
di
Pierre Haski - France Inter
PARIGI - Come
regalo per i suoi primi cento giorni alla Casa Bianca, Donald Trump ha ricevuto
una batosta: gli elettori canadesi, che aveva sfidato e deriso, hanno scelto il
candidato che aveva fatto una campagna nel segno della “resistenza contro il
presidente statunitense”. “Trump ha provato a piegarci”, ha commentato
trionfante il leader liberale Mark Carney0.
È il segno più
evidente che il metodo “virile” del presidente degli Stati Uniti non sta dando
i risultati sperati. Trump ha cercato di impressionare il mondo con un
atteggiamento aggressivo fin dal primo giorno del suo secondo mandato,
cominciato il 20 gennaio: ha dichiarato che il Canada avrebbe potuto diventare
il 51° stato americano, provato a strappare la Groenlandia alla Danimarca,
minacciato di impossessarsi del canale di Panama e proposto un progetto
immobiliare di lusso per Gaza.
Il presidente
statunitense ha voluto imporre rapporti di forza favorevoli a Washington per
cambiare l’ordine mondiale a proprio beneficio, scegliendo di essere temuto più
che ammirato o invidiato. Ma non ha funzionato. Ha semplicemente accelerato la
decomposizione dell’ordine internazionale nato nel dopoguerra, senza proporre
alcuna alternativa credibile.
Realizzare un
“mondo secondo Trump” si è rivelato più difficile del previsto: la pace in
Ucraina, promessa “entro 24 ore” dal suo insediamento, è ancora lontana, mentre
il Medio Oriente è tutto fuorché stabilizzato. Quanto all’Europa, minacciata di
essere ridotta all vassallo, sogna ora di essere
“indipendente dagli Stati Uniti”, come ha dichiarato il cancelliere tedesco
Friedrich Merz, nonostante in passato sia sempre stato atlantista.
Per quanto
riguarda la Cina, Trump ha scatenato una guerra commerciale che non può
vincere. Pechino, rivale del ventunesimo secolo degli Stati Uniti, non si
lascia intimidire dai dazi astronomici e può permettersi di adottare una
strategia della pazienza, mentre Trump deve fare i conti con sondaggi in calo,
una borsa in difficoltà e consumatori sempre più preoccupati.
Se il
presidente statunitense pensava che Xi Jinping
avrebbe ceduto, quindi, si sbagliava di grosso. Viene da chiedersi se i suoi
consulenti abbiano la minima idea di quale sia la realtà della Cina, il suo
sistema e la sua ambizione imperiale, che rende impossibile qualsiasi resa.
L’altro grande
mistero riguarda l’evidente debole di Trump per Vladimir Putin. Mentre il
destino dell’Ucraina è in bilico, il presidente statunitense continua a sperare
che il capo del Cremlino gli regali un accordo di pace.
In sintesi, i
primi cento giorni di mandato hanno portato pochi successi a Trump, e intanto
l’effetto sconvolgente delle sue prime iniziative è svanito. La storia non è
ancora conclusa, ma ormai tutti sanno cosa aspettarsi dalla Casa Bianca e,
soprattutto, stanno sviluppando strategie di aggiramento per evitare gli
attacchi di un presidente imprevedibile.
Nel frattempo,
in appena tre mesi, Trump è stato capace di indebolire (se non addirittura
distruggere) decenni di soft power di Washington. Un’influenza “morbida” che
aveva fatto dello stile di vita statunitense – dai film di Hollywood ai jeans,
fino ai pick-up – un modello invidiato e desiderato nel resto del mondo.
Tempo fa il
leader dell’Unione Sovietica Nikita Chruščëv, scherzando
con l’allora presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy, aveva dichiarato:
“Non avete bisogno di fare propaganda, perché tutto il mondo vuole vivere come
nei film di Hollywood. Chi mai vorrebbe vivere come nei film sovietici?”.
Cosa resta
oggi di quel potere? Parafrasando Chruščëv: chi
mai vorrebbe vivere negli Stati Uniti di Trump?
***
Pierre
Haski à un giornalista francese, tra i fondatori del sito
d’informazione Rue89. Ha una
rubrica quotidiana di politica internazionale su radio France Inter,
pubblicata ogni mattina sul sito di "Internazionale". Traduzione
di Andrea Sparacino)