TRIBUNA

 

DE BENEDETTI LASCIA "DOMANI", UN SOGNO NON AVVERATO

 

ROMA - Cinque anni dopo, si chiude un’epoca breve, la scommessa di lanciare un nuovo quotidiano a sinistra, liberal democratico, per gli “italiani che hanno voglia di fare”, per riempire il vuoto lasciato da Repubblica, non più del tutto laica e azionista. O meglio, le pubblicazioni continuano, ma sotto nuova forma che nessuno dei protagonisti vuole oggi spiegare.

 

Il quotidiano si chiama Domani, l’ideatore era uno soltanto, l’ingegnere Carlo De Benedetti, che ha 92 anni, ha versato nell’impresa parecchi milioni suoi e ora molla. Lascia sul tavolo gli ultimi 4 milioni e trasferisce l’impresa a una Fondazione, come aveva già progettato di fare fin dall’inizio, quando dotò il giornale di 10 milioni di euro e creò la Fondazione con altri dieci milioni. Probabilmente per accedere a quei contributi pubblici che venivano considerati, quanto tutto iniziò, poco onorevoli per una testata davvero “libera”.

 

Il sogno di De Benedetti non si è avverato. In cinque anni Domani non ha contrastato né tantomeno sostituito Repubblica, non ha pesato davvero nel dibattito nazionale, anche se è una voce giornalisticamente efficace che trova e diffonde notizie, che scava e rivela, che tenta strade diverse da quelle dei giornali tradizionali. L’editoriale del Direttore del 15 settembre è un lungo elenco di esclusive che parte dal pestaggio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ai finanziamenti dell’Arabia Saudita al senatore Renzi, agli affitti non pagati del ministro Crosetto. La diffusione però è in piccole cifre (si parla di 15/20mila abbonamenti online, ma l’editore non ha mai accettato di farsi certificare pubblicamente, e di poche migliaia di copie in edicola, arrivando però solo nei centri maggiori).

A questo vanno aggiunte le perdite, che dovrebbero ammontare a circa un milione l’anno. Domani ha oggi circa 20 venti redattori, negli ultimi tempi hanno lasciato il caporedattore Mattia Ferraresi (che collabora), l’uomo macchina Daniele Erler, l’inchiestista Davide Maria De Luca, Gloria Riva assunta dall’Espresso e tornata all’Espresso in tre mesi, il caporedattore centrale Rocco Vazzana, rimasto in carica 4 mesi e sostituito da Roberto Brunelli, ex Unità, ex Repubblica ed ex Hollywood Reporter.

 

Nell’aprile 2023 De Benedetti ha chiuso il rapporto con Stefano Feltri, scelto come primo Direttore e ha affidato al guida a Emiliano Fittipaldi, giornalista investigativo. Feltri faceva un giornale molto legato agli approfondimenti di cronaca internazionale, di cultura, di tecnologie. Fittipaldi ha virato più sulla politica e sull’attualità, con molta attenzione alle inchieste, il suo campo. Due anni fa Fittipaldi ha chiamato come Vicedirettore da Repubblica Angelo Carotenuto, che ad agosto è già andato via.

 

L’annuncio di Carlo De Benedetti è datato 15 settembre, giorno in cui Domani compie cinque anni. De Benedetti ha spiegato: “La mia idea da sempre era che, quando il giornale fosse stato in equilibrio economico, l’avrei passato a una Fondazione. Lo dissi nel 2020 e lo faccio oggi. Se oggi posso mantenere quell’impegno lo devo al lavoro fatto da Antonio Campo Dall’Orto, dal Direttore Emiliano Fittipaldi, dalla redazione e da tutti i responsabili editoriali e commerciali”. Per Feltri, neanche una parola.

 

Adesso la previsione è di azzerare le perdite entro un anno, grazie alla spinta sul digitale – con una politica mirata di abbonamenti, basata soprattutto sulle newsletter verticali – e a una gestione più diretta dei rapporti con il mondo della comunicazione delle imprese. Che di solito significa influenza della pubblicità sull’informazione,
Spiega ancora De Benedetti a
Primaonline: “Insieme a Campo Dall’Orto troveremo persone di alto profilo, in sintonia con la vocazione editoriale del giornale: progressiste, indipendenti, riformiste. La fondazione avrà così una struttura culturale forte. Io non scappo: un giorno morirò, ma questo è un altro discorso. Continuerò a seguire con passione il giornale, anche se non sarà più mio ma della fondazione”.

 

Nel 2020, dopo aver perso la guida di Repubblica e del gruppo Gedi, ceduti dai figli a John Elkann, De Benedetti, decise in piena pandemia di fondare un nuovo giornale. “Sono nato a Torino – racconta a Prima Comunicazione – dove, dopo l’esilio in Svizzera per sfuggire alle leggi razziali, ho vissuto la stagione straordinaria della ricostruzione. A Torino c’era il mondo del Partito d’Azione, con figure come Galante Garrone e Bobbio, intellettuali che avevano una visione chiara dei diritti. Così è nato Domani, per non lasciare morire quel filone di indipendenza, internazionalismo e cultura. Una voce progressista, non legata a partiti né a interessi personali. Oggi sono orgoglioso del lavoro giornalistico fatto e di ciò che resta da fare. Quando sfoglio i grandi quotidiani e vedo che molti temi trattati da Domani non compaiono altrove, sono fiero della scelta che ho fatto e che oggi consegno a una fondazione e alla redazione”.

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(Credits: PrimaOnline e Professione Reporter)